musica, teatro

I Balli di Sfessania di Callot e la moresca a teatro

Sarà capitato a tutti, camminando per Venezia o per Firenze, di imbattersi in un chiosco fornito di bottigliette d’acque a peso d’oro, accendini, portachiavi a forma di Pinocchio e cartoline con figurine di attori di commedia dell’arte. Eccole qua.

Hanno maschere in cuoio e nomi noti – Scaramuccia, Scapino, Razzullo, Ricciulina, Pulliciniello – ma anche spade, bastoni, strumenti musicali. Alcune di queste sono su un palco, quasi tutte sono circondate da spettatori, soprattutto sullo sfondo. E dunque? Sono attori del Seicento che si esibiscono in piazza, divertenti e buffi, no?

Se poi ci è capitato di assistere a spettacoli di commedia dell’arte spesso avremo visto gli interpreti imitare le pose di queste figurine.

Giovanni Poli che prova la Commedia degli Zanni a Venezia

Oh che spasso! Oh che meraviglia! E infatti è piacevole vedere zompettare, saltellare, ballonzolare, far capriole e piroette, nessuno lo mette in dubbio. Peccato che Callot avesse voluto rappresentare – e lo dice nel titolo! – dei balli e non delle commedie. Danze, quindi, non scene dialogate.

Ma che cos’è o chi è questa Sfessania? Un luogo, magari immaginario? Una signora attempata? Un simbolo di perdizione, dove si ancheggia per raggiungere, con questo prominente itifallismo, la s-fessa agognata?

Benedetto Croce già si era accorto che diversi scrittori napoletani tra Cinque e Seicento ne fanno cenno: Ioan Battista del Tufo, che ne descrive i passi, e Giambattista Basile. Callot scrive anche delle didascalie. In copertina si legge Lucia mia, e Madama Lucia si lascia baciare la mano da Trastullo. Ma Lucia, insieme con Giorgio (o, detto all’africana, Giorgia, come noi diremmo, imitando i venditori ambulanti, vucumbrà accendina?) è una delle protagoniste delle moresche vocali di Orlando di Lasso. Sono composizioni a più voci che imitano la parlata degli schiavi neri presenti a Napoli, come un po’ in tutte le città d’Europa. E il ballo della Lucia è testimoniato per diversi secoli tra Napoli e Firenze. Ecco che il groviglio s’ingarbuglia.

Una schiava nera, una bernaguallà, c’è anche nel Cunto di Basile: è incinta del principe, che ha sposato con l’inganno, e lo minaccia di abortire se lui non esaudirà tutti i suoi capricci, tra cui quello di sentir raccontare storie. Come si chiama il bambino che porta in grembo? Giorgio, anzi, Giorgetiello. Verso la fine, nella favola de Le tre cetra, compare un alter ego dell’infida protagonista, la schiava… Lucia. E bernovallà è scritto anche sul frontespizio di Callot – e Pernovallà è uno dei personaggi ritratti.

Dunque, la Sfessania e la Lucia erano anche danze? Sì. Non solo, ma senz’altro sì. Ed erano diverse tra loro? Di nuovo sì. Non è semplice ricostruirle esattamente, ma prevedevano movimenti di mani e piedi, ampi ancheggiamenti, contorsioni e imitazione dell’atto amoroso. Una sorta di moresche, dunque. E da chi venivano danzate? Anche dai comici dell’arte, vi sono diversi esempi nelle commedie a stampa. Per il loro carattere parodistico e osceno, erano ammesse poi in un periodo dell’anno in cui l’ordine era sovvertito e si indossavano maschere: il Carnevale. Che fossero poi musicalmente diverse, è evidente confrontando intavolature per liuto, sparse tra Firenze e Parigi.

Per oltre un anno mi sono dedicata a questa ricerca, piena di sorprese e rimandi tra musiche, danze, commedie e illustrazioni. Il risultato è appena uscito con la casa editrice Bulzoni. Per chi volesse approfondire l’argomento, non resta che leggere il libro.

Intervista su Radio3 con Antonio Audino e Sandro Penna.

Intervista di Simone Sormani su Scene contemporanee.

3 pensieri su “I Balli di Sfessania di Callot e la moresca a teatro”

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